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Solo Riformisti

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Destinazione 2030: la Toscana ad un bivio

Reduce da un periodo di sostanziale stagnazione la Toscana non può più limitarsi ad una buona gestione ordinaria dell’esistente. Le prossime elezioni regionali saranno uno snodo importante. “SoloRiformisti” si confronta a Pistoia, al circolo Lo Sperone con i candidati del centrosinistra.

5 Settembre 2020 da Filippo Buccarelli Lascia un commento

Le elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale della Toscana – il 20 e 21 Settembre prossimi – sono un appuntamento politico di cruciale importanza non solo per gli equilibri di governo di livello locale, e nemmeno soltanto per quelli di carattere nazionale ma, più in generale, per il futuro del riformismo nel nostro Paese.  Circolano, in questi giorni, numerosi sondaggi, che danno le due compagini in competizione – il Centrosinistra, a guida PD, e il Centrodestra, trainato dalla lega – grosso modo alla pari. Come al solito, non si tratta di veri e propri sondaggi ma di “manifestazioni di opinione” (in quanto tali inferenziabili sulla popolazione rappresentata solo sulla carta e con un buona dose di fantasia: non a caso si indicano “forbici” parzialmente sovrapponentesi quanto mai ampie, di quattro o cinque punti percentuali per entrambe), e tuttavia danno il senso di una partita  aperta, in una regione tradizionalmente progressista e da sempre caratterizzata da un governo (e da un modello di governance) di ottimo livello. Secondo l’ultima rilevazione Ipsos, ad esempio (fonte: http://www.sondaggipoliticoelettorali.it/GestioneSondaggio.aspx), nonostante due intervistati su tre (il 63%) diano un giudizio positivo (punteggio: 6-10) all’operato della Giunta uscente guidata da Enrico Rossi, quanti dichiarano che voterebbero Eugenio Giani si attestano intorno al 46,2%, quanti invece sostengono che voteranno Susanna Ceccardi fanno registrare un  valore prossimo al 41,5%. I dati che tuttavia restano in penombra – e sono quelli, in questo genere di rilevazioni demoscopiche, più significativi – sono quello relativo al livello di affluenza alle urne (appena il 55%), quello che riguarda gli indecisi (il 19,3%) e quelli infine concernenti i voti di lista, con – da un lato, nell’area del Centrosinistra – un PD inchiodato al ribasso al 29,5% e, sul versante del Centrodestra, una Lega da alcuni anni in forte crescita e oggi stimata al 22,9%.

Quanti confidassero nella così detta “path dependence” – ovvero nel peso della storia politica passata nel determinare con più o meno certezza l’esito delle elezioni – farebbero un grosso sbaglio. Non soltanto le classiche culture rosse, o bianche o nere si sono da tempo sgretolate (almeno dagli anni Novanta, anche nelle aree del paese in cui si sono affermate per decenni sin dal Dopoguerra) ma viviamo oggi in un mondo completamente diverso, lontano da quelle sicurezze acquisite nella sostanza molto di più che la somma delle decadi passate. In primo luogo, è una questione – diciamo così – “postmoderna” e relativistica, nella quale – con il declino della forza ideologica aggregante dei partiti e delle organizzazioni di interesse – prevale il così detto voto di opinione che, nella deriva opportunistica causata da quel ridimensionamento delle etiche collettive, spesso “degenera” in voto opportunistico di scambio, in preferenze tendenzialmente “usa e getta” e in repentini cambiamenti di umori e di opinioni (altra ragione che indebolisce non poco le previsioni sondaggistiche). In secondo luogo, l’“ambiente” in cui i territori si trovano oggi a competere – nella loro “lotta” per attirare capitali e risorse, per prevalere si mercati sempre più internazionali, per garantire ricchezza e più ampia qualità della vita (intraprendenza, servizi, assistenza, decoro, salubrità ecologica) – è sempre più “turbolento” e imprevedibile, e – di fronte a tale livello di incertezza – rischia di prendere sempre più facilmente piede l’illusione che, di fronte al veloce mutamento, si debba rispondere con altrettanta precipitazione, senza interrogarsi invece su una prospettiva di più lunga durata e di tipo strategico. Infine, è da poco alle spalle la fase acuta di quell’enorme evento – la pandemia del Covid-19 – che sta profondamente rimodellando bisogni, domande, atteggiamenti e scale di priorità delle persone, e con un’intensità tale che, a tutt’oggi, non siamo ancora consapevoli del tipo di strumenti e di “potenza di fuoco” di cui  possiamo disporre per far fronte all’imminente (e già in corso) crisi sociale ed economica (ben più grave di quella insorta alla fine del decennio scorso) che ci aspetta sin dalle prossime settimane.

La Toscana, dicevamo nel titolo, è a un bivio. Reduce purtroppo da un periodo di sostanziale stagnazione (PIL 2018/2019: + 0,1%) – nonostante da  molto tempo al di sopra delle medie nazionali fatte registrare dagli indicatori di qualità della vita (economica, sociale, amministrativa, di welfare) – non può più limitarsi ad una buona gestione ordinaria dell’esistente ma deve, con coraggio, affrontare le nuove sfide che la incalzeranno nei prossimi decenni: ristrutturazione del proprio tessuto produttivo e sviluppo di una nuova cultura del lavoro ed imprenditoriale (il tema della produttività del lavoro, tropo bassa e non in grado di generare sufficiente ricchezza da redistribuire, e quello di direzioni aziendali dimensionalmente, più solide, dinamiche e aperte ai mercati); sburocratizzazione e semplificazione amministrativa; investimenti infrastrutturali anche a debito ma a debito “buono” e produttivo – per citare Mario Draghi – non  invece assistenzialistico e de-responsabilizzante (se non nella misura in cui interventi di questi tipo salvaguardino l’immediata sopravvivenza di quelle categorie realmente in difficoltà e compromesse nella loro autonoma capacità di rialzarsi), infine, investimenti nella scuola, nella formazione e nell’innovazione tecnico-scientifica al servizio di tutti i settori sociali ed economici (non c’è territorio vincente senza industria e servizi 4.0 fra loro integrati, e in stretto collegamento con Università e Centri di Ricerca&Sviluppo).

L’agenda appena accennata rappresenta, a nostro avviso, la road map di una cultura politica e di governo strategica compiutamente liberal-democratica e progressista, in altri termini di una cultura riformista al passo con le grandi questioni che caratterizzano il nostro tempo e che caratterizzeranno quello delle generazioni future. La vogliamo innanzitutto sottoporre ai candidati pistoiesi al prossimo Consiglio regionale della Toscana delle forze che si riconoscono nell’area del centrosinistra e che si presentano alle elezioni amministrative del 20 e 21 settembre: il PD, Italia Viva, Orgoglio Toscana. E lo faremo Mercoledì 9 Settembre prossimo, alle ore 21:30, presso gli spazi all’aperto del circolo Arci de Lo Sperone (via Fiorentina 189, 5110 Pistoia), in quella che sarà la prima iniziativa pubblica della rinnovata Associazione “Solo Riformisti”.

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Info Filippo Buccarelli

Filippo Buccarelli è Professore incaricato e ricercatore a contratto presso l’Università di Firenze. Si laurea nel 1995 presso la Facoltà "Cesare Alfieri" di Firenze con una tesi sui nuovi conflitti sociali postindustriali. Nel 2001 - dopo le prime esperienze didattiche e di ricerca presso la stessa Facoltà - è dottore di ricerca in sociologia generale presso la facoltà di scienze politiche di catania, con una tesi sulle nuove culture del lavoro. Dallo stesso anno, è professore Incaricato presso la facoltà di psicologia dell'ateneo fiorentino (sociologia del lavoro e delle organizzazioni), e dal 2003 presso quella di Scienze Politiche (sociologia della devianza, sociologia dei comportamenti devianti, storia della sociologia, sociologia corso avanzato). dal 2003 al 2006 è stato responsabile di ricerca dell'area studi sociali di asel-agenzia servizi economie locali di prato, e dal 2007 svolge attività di coordinamento scientifico dell'osservatorio sociale della provincia di pistoia per conto del dipartimento di scienza della politica e di sociologia dell'università di Firenze.

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