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Solo Riformisti

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Maurizio Landini ha sbagliato a contrapporsi frontalmente al Governo Draghi dando l’impressione che per l' ennesima volta i sindacati siano capaci di difendere solo i diritti dei garantiti. Rivendicare il ritorno al sistema retributivo evoca lo spettro di un sistema previdenziale insostenibile.

Come evitare la sindrome Bertinotti

Maurizio Landini ha sbagliato a contrapporsi frontalmente al Governo Draghi dando l’impressione che per l' ennesima volta i sindacati siano capaci di difendere solo i diritti dei garantiti. Rivendicare il ritorno al sistema retributivo evoca lo spettro di un sistema previdenziale insostenibile.

26 Ottobre 2021 da Marco Mayer Lascia un commento

Da  iscritto allo SPI della Cgil trovo che la posizione di Maurizio Landini sulle pensioni non sia ben informata.

Forse non  è solo colpa di Landini, ma del profondo declino del glorioso ufficio studi della  CGIl che da anni  ha perso lo smalto di un tempo.

Per inciso  in vista del PNRR tutti i sindacati dovrebbero  potenziare i loro uffici studi dotandoli di energie intellettuali adeguate.

Affermare il diritto al lavoro e tutelare  i diritti del lavoro nelle società digitali e nella GIG economy è una grande sfida. I  sindacati dovrebbero essere capaci di  anticipare il futuro per non subirlo o rincorrerlo quando i buoi sono scappati.

Senza una conoscenza dei fatti e senza  approfondite ricerche sulle trasformazioni del lavoro il rischio e’ che in Italia la transizione digitale ed ecologica segua il modello cinese.

In Cina – in assenza delle libertà sindacali – gli orari di lavoro sono insopportabili, la mobilità  e’ selvaggia,  la precarietà estremamente diffusa.

Last but not least con la sorveglianza digitale di massa si è arrivati ai lavori forzati come e’ accaduto e accade tuttora ad un milione di uiguri di lingua turca nella  regione dello Xinjiang.

Tornando alle pensioni Maurizio Landini ha sbagliato a contrapporsi frontalmente al Governo Draghi dando l’ impressione che per l’ ennesima volta i sindacati siano capaci di difendere solo i diritti dei garantiti.

In questa occasione Landini  forse  ha solo usato le parole sbagliate (non lo so), ma purtroppo per anni i sindacati  non hanno difeso il futuro dei nostri giovani.

Maurizio Landini dovrebbe sapere che tutti i  nonni si preoccupano moltissimo non solo delle loro, ma anche delle future pensioni dei loro figli e dei loro nipoti.

Chi puo’ permetterselo (una significativa fetta di pensionati) spende  intorno a 150/200  euro al mese della sua pensione per pagare una varietà di polizze private  (assicurativo/previdenziale) in favore di figli e nipoti. Perché?

Il motivo è  semplice:  non vogliono lasciare questo mondo con l’ansia che i loro cari vivranno gli ultimi anni della loro vita in povertà con  pensioni da fame.

La CGIL di Luciano Lama, Bruno Trentin e Sergio Cofferati ha storicamente interpretato un riformismo intelligente e lungimirante.

Basti pensare agli accordi raggiunti insieme a CISL e UIl anche in materia di pensioni con gli esecutivi presieduti da Giuliano Amato, Carlo Azeglio Ciampi e Lamberto Dini.

Finché si discute della gradualità con cui uscire da “quota 100”, di lavori logoranti, di  categorie fragili, ecc. il confronto si sviluppa sul piano fisiologico ed è giusto affidarlo  al negoziato tra parti sociali e governo.

Ma Landini non si è limitato a questo: ha evocato il ritorno al retributivo. Quando l’ ho letto mi è  venuto subito  in mente Fausto Bertinotti. Non voglio negare che alcuni lavoratori  schiavi per decenni della precarietà quando andranno in pensione avranno bisogno   di interventi integrativi in termini di politica sociale.

Ma rivendicare il “ritorno al sistema retributivo” come ha fatto Landini  è un altra cosa. La proposta evoca lo spettro di un sistema previdenziale insostenibile che come storicamente è avvenuto in Italia toglie risorse ad una politica sociale all’ altezza dei bisogni della società contemporanea, e dei giovani in particolare.

Maurizio Landini sinora non aveva  inseguito formule  ideologiche come da  sindacalista e politico ha fatto  Fausto Bertinotti in tante occasioni. Il suo discorso di lunedì a Palazzo Chigi sul ritorno al sistema retributivo è viceversa una scivolata.

Nell’economia italiana di oggi (al di là di farsi carico di esigenze specifiche dei precari a cui ho accennato nei paragrafi precedenti) evocare tuot court il retributivo non e’ ne’ di sinistra né di destra, è semplicemente una stupidaggine, come una stupidaggine e’ stata quella dei navigator per i giovani in cerca di lavoro  tanto cari al M5 stelle.

Ben altre sono le esigenze da soddisfare.  Occorre aumentare le risorse pubbliche per la politica sociale e sanitaria  (ma non per quella previdenziale) per interventi incisivi a  cominciare dalle giovani coppie e delle famiglie con figli,  come avviene da anni  in Francia e in altri paesi europei.

La quasi  assenza di asili nidi nel mezzogiorno –  per dirne una –  è  la riprova della arretratezza del welfare italiano.

In queste ultime settimane  il governo Draghi sta pestando i piedi a interessi potenti come dimostra –  su versanti assai diversi –  una attenta lettura del Financial Times (Londra), Global Times (Pechino), RTnews (Mosca).

In un momento così difficile, ma per molti aspetti assai promettente per cambiare davvero in meglio l’ Italia,  tutti i sindacati possono avere un ruolo importante per difendere l’ interesse nazionale, rilanciare la crescita economica  e creare nuovi posti di lavoro.  CGIL, CISL, UIL, ma anche  COBAS e   UGL.

C’ è, però, un punto preliminare da chiarire bene. Tirare fuori il retributivo (o altre assurdità simili) mi fa venire in mente le ricorrenti provocazioni politiche di Fausto Bertinotti contro Romano Prodi. Sappiamo tutti come e’ finita….

Per evitare la “sindrome Bertinotti”  e’  meglio mettere le mani avanti e prevenire.

Speriamo di no, ma se dopo il lunedì nero di Palazzo Chigi  la “sindrome Bertinotti”  dovesse diffondersi e colpire i Landini, gli altri dirigenti sindacali (o tanto per non far nomi  Marco Travaglio, Matteo Salvini e  chiunque altro)  nessun logoramento del governo  dovrebbe essere tollerato.

Spetterebbe immediatamente a Enrico Letta, Giuseppe Conte, Silvio Berlusconi, Carlo  Calenda e Matteo Renzi agire per rendere più coesa ed efficiente l’ attuale maggioranza parlamentare che sostiene Mario Draghi.

I leader dei partiti che ho citato devono intervenire subito perché l’ Italia non torni indietro e la “sindrome Bertinotti” non si diffonda.

A questo imperativo politico aggiungo un auspicio ed un suggerimento personale che  guarda ad un orizzonte piu’ ampio.

Sono profondamente convinto che sin d’ ora si debba lavorare ad una coalizione politica larga  di PD, Azione, Forza Italia,  M5s, Verdi, Italia Viva e +Europa  che – con  Draghi candidato Presidente del Consiglio –  si presenti agli italiani con l’ obiettivo di vincere le prossime elezioni politiche.

Lo dico perché il lavoro per spendere bene  il  “debito buono” è  appena agli inizi e Draghi e i partiti che lo sostengono con maggiore  coerenza hanno un compito  immenso per i prossimi 4 o 5 anni. Serve Draghi e servono i partiti per riformare l’ Italia.

Considerare Draghi una parentesi è l’errore più grave che i partiti politici possono fare,  e non solo perché  il PNRR non finisca per diventare una mangiatoia… D’ altra parte Draghi non deve mai dimenticare che senza i partiti la democrazia non esiste.

E’ di  questo binomio (Draghi e partiti) che hanno  davvero  bisogno i nostri ragazzi per non andarsene all’ estero e vivere in  una  Italia migliore, profondamente diversa perché finalmente valorizza il merito.

 

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Info Marco Mayer

docente al Master In Cybersicurezza di LUISS Guido Carli e al Cyber Defence della Scuola:di Telecomunicazione del Ministero della Difesa in partnership con
Università di Modena e Reggio Emilia

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