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Catasto, una riforma necessaria

La Riforma del Catasto tra politica, equità fiscale e giustizia sociale. Le ragioni dei favorevoli e dei contrari.

30 Marzo 2022 da Carlo Manacorda Lascia un commento

L’art. 6 del disegno di legge di delega al Governo per la Riforma del sistema fiscale ― che stabilisce i criteri direttivi per la Riforma del Catasto ― è stato approvato dalla Commissione Finanze della Camera il 3 marzo 2022 con una maggioranza di un solo voto. Questo esito ha reso palpabile il contrasto presente tra le forze politiche per la revisione del Catasto, giunto fino a sfiorare la crisi di governo.

Chi è contrario alla revisione del Catasto teme che la riforma di questo strumento apra la porta ad un innalzamento generalizzato delle tasse su case e terreni, improponibile in periodi di crisi come l’attuale. Chi è favorevole alla revisione ― forte anche delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio Mario Draghi in questo senso ― esclude questa conseguenza. Sottolinea che, in ogni caso, il sistema di tassazione degli immobili deve recepire le evoluzioni intervenute nel settore immobiliare e nel mercato dei beni immobili, anche per effetto di trasformazioni urbanistiche e per cambiamenti delle inclinazioni dei cittadini nelle scelte di questi beni. In più, la Riforma del Catasto fa parte della generale Riforma del fisco da tempo richiesta al nostro Paese dalle Autorità europee, ed oggi ai primi posti tra le riforme di accompagnamento al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). La dicotomia tra le due posizioni induce a qualche riflessione.

Com’è noto, oggi la tassazione di un bene immobile (fabbricato o terreno) avviene sulla base della rendita catastale. Si perviene alla determinazione di questo valore attraverso un percorso che prevede questi passaggi. Ogni bene immobile iscritto in catasto è classificato in base alle sue caratteristiche (produttività, utilizzo, ecc.). Questa classificazione prevede, per ciascuna categoria di beni, una tariffa d’estimo, cioè un coefficiente espresso in denaro stabilito dalla Pubblica Amministrazione (Stato, Comune). Moltiplicando la tariffa d’estimo per la consistenza dell’immobile (di norma, vani per i fabbricati e superficie per i terreni), si giunge alla determinazione della rendita catastale, cioè di un reddito del bene ritenuto rilevante ai fini del fisco. Conseguentemente, le tasse sugli immobili si applicano su questo valore. Questo percorso è tuttora disciplinato da una farraginosa normativa emanata nell’ultimo quarantennio, tuttavia con riferimenti anche a provvedimenti anteriori.

Il ddl per la Riforma del Fisco prevede che il Governo è delegato ad emanare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di riforma, uno o più decreti legislativi per la revisione del sistema fiscale. In materia di Catasto, il citato art. 6 prevede una modernizzazione dei sistemi di individuazione e controllo delle consistenze dei terreni e dei fabbricati. Dovranno essere introdotti strumenti per facilitare e accelerare l’individuazione e il corretto classamento degli immobili attualmente non censiti o che non rispettano la categoria catastale attribuita, dei terreni edificabili accatastati come agricoli, degli immobili abusivi. Si dovranno strutturare sistemi telematici che facilitino la condivisione dei dati tra Agenzia delle entrate e Comuni.

Per i fabbricati il Governo dovrà integrare, entro il 1° gennaio 2026, le informazioni presenti nel catasto attribuendo a ciascun immobile, oltre alla rendita catastale determinata secondo la normativa vigente, anche il relativo valore patrimoniale ed una rendita attualizzata in base ai valori di mercato. Dovranno essere previsti meccanismi di adeguamento periodico dei valori patrimoniali e delle rendite delle unità immobiliari urbane che, comunque, non dovranno superare i valori di mercato. Per gli immobili di interesse storico o artistico, si dovranno prevedere adeguate riduzioni del valore patrimoniale che tengano conto dei particolari e più gravosi oneri di manutenzione e gestione. Le informazioni che integreranno i dati catastali degli immobili nei termini suddetti non potranno essere utilizzate per determinare la base imponibile dei tributi.

È di tutta evidenza che una delega così ampia modificherà tutto il sistema oggi in vigore per la tassazione degli immobili. Saranno assoggettati al prelievo fiscale i cosiddetti “fabbricati fantasma”, cioè quelli non iscritti in catasto o accatastati in maniera difforme dallo stato di fatto (ad esempio, censiti come rurali ma che, di fatto, non son più tali). Si tratterà poi di vedere come i decreti delegati risolveranno il problema della tassazione a seguito della riclassificazione dei fabbricati e della fissazione di rendite catastali vicine ai valori di mercato, con adeguamento periodico dei valori. E come regolamenteranno il passaggio nella definizione della rendita catastale dei fabbricati dal vano (elemento di incerta quantificazione) al metro quadrato. Queste le argomentazioni che inducono esponenti della politica a osteggiare la Riforma del Catasto. Potrebbero infatti perdere il consenso degli elettori i cui beni immobili subissero, per effetto di essa, una tassazione o una tassazione più elevata, situazione certa o assai probabile nonostante le assicurazioni date dal Presidente del Consiglio.

Gli esponenti che sostengono la riforma fanno notare, in primo luogo, che gli elementi integrativi del Catasto immobili arriveranno, soltanto, il 1° gennaio 2026. C’è, comunque, la necessità imprescindibile di uno svecchiamento del sistema di tassazione degli immobili, ormai incoerente con le nuove realtà presenti nel settore. E poi la riforma s’impone per stabilire livelli di equità fiscale assenti dal sistema in atto, addirittura non conformi ai dettati costituzionali per cui tutti devono sopportare un carico fiscale sebbene commisurato alla consistenza e allo stato dei loro beni. Ciò evidentemente non si verifica se i beni sono nascosti o ormai difformi dai criteri di mercato. Tipico il caso dell’alloggio nel centro storico cittadino salito a valori di mercato elevati ma ancora classificato come popolare. Quindi, con una tassazione inferiore ad abitazioni collocate in zone periferiche, ma costruite successivamente.

Se poi s’aggiunge che l’equità fiscale è parte della più ampia categoria della giustizia sociale, la Riforma del Catasto diventa assolutamente indispensabile.

 

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Archiviato in:Economia

Info Carlo Manacorda

Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Torino, è stato Direttore di Enti pubblici, Presidente di Società private, Componente di Consigli di Am-ministrazione, ed ha rivestito altre cariche pubbliche. E’ stato Docente di Contabilità pubblica e di Scienza delle Finanze presso le Facoltà di Econo-mia e di Giurisprudenza dell’Università di Torino, Componente del Nucleo di Valutazione della stessa Università e Presidente del Nucleo di Valutazione dell’Università della Valle d’Aosta. E’ stato Componente dell’Organismo di Vigilanza di Finpiemonte Partecipazioni S.p.A. e iscritto nel Registro dei Revisori contabili. E' Autore di oltre 150 pubblicazioni (libri e saggi) in ma-teria di Economia e Contabilità pubblica, Diritto pubblico, Organizzazione e Gestione delle Amministrazioni pubbliche e private. Ha scritto e scrive su Giornali, Riviste e altri periodici.

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