Sergio Benvenuto ha cercato con il suo interessante articolo di dare una chiave di lettura su questo tema con molte sfaccettature. Molte cose condivisibili. Più che altro si tenta di capire perché i più marginali votano a destra e non seguono il messaggio di riscatto della sinistra.
Il tema si può affrontare da tanti punti di vista. E le cause sono con molta probabilità multiple. Non ultimo il tema della selezione dei gruppi dirigenti. A destra c’è una forte permeabilità fra “successo personale” e “ruolo nella politica”. A sinistra ci sono filtri burocratici maggiori e il successo personale non è sempre un buon viatico per avere un ruolo di rilievo in politica.
Ma vorrei in questo mio contributo scegliere un solo elemento di spiegazione che certamente non spiega tutto. Non spiega ovunque e in ogni tempo, ma che oggi, qui ed ora, può dare una qualche motivazione alla mancanza di attrazione della sinistra in Italia e nel Mondo.
Il tema è, come è successo nella teoria economica dell’ultimo secolo, il modello di uomo che è sottinteso nell’analisi sociale del sistema e quindi nella proposta politica.
La destra pensa ad un uomo che è molto vicino all’uomo reale. All’ordinary people che siamo un po’ tutti, chi più e chi meno, e che ci troviamo davanti a lavoro, a scuola, in vacanza e in ogni altro contesto sociale.
E’ un uomo onesto ma anche un po’ no. E’ un uomo leale ma anche un po’ no. E’ altruistico ma anche un po’ no. E così via potremmo continuare. E fra l’eroe e il meschino non c’è un cambio di specie. Ma solo di educazione, di casualità e di doti personali.
Insomma a destra non si chiede all’uomo di essere perfetto, è sufficiente non cedere troppo all’imperfezione e di saper essere cittadino, aperto al bene comune, anche se la spinta individuale sembrerebbe talvolta volgere l’attenzione e l’interesse verso altri lidi.
In fondo l’homo economicus di Smith, della ricchezza delle Nazioni, ha avuto il successo che ha avuto perché ha dimostrato che il macellaio che fa il suo interesse privato alla ricerca del guadagno personale contribuisce altresì, attraverso meccanismi sociali del mercato concorrenziale, alla ricchezza del paese.
La sinistra invece pensa ad un “altro uomo”. Non dico perfetto ma che tende alla perfezione. Che ha tutti i pregi dell’uomo altruistico e onesto e leale e così via. Ogni macchia su questo modello viene considerata come un tradimento verso l’umanità. E si ritiene, a torto se si guarda agli esiti a cui ha portato la costruzione di un sistema fondato sull’uomo “buono”, che se prevalgono questi uomini “buoni” contro gli uomini “cattivi” la società ne avrà grandi benefici.
Gli uomini di sinistra non sono “buoni”, sono come tutti noi “ordinary people”. Solo che si riferiscono nelle loro analisi al mondo dei “buoni” e più che altro fanno politiche che presuppongono, se non impongono, la “bontà”. Il capitalismo à la Smith è ovviamente vituperato perché parla di un uomo che segue il proprio interesse personale ed è quindi contrario alla società della “bontà celeste”.
La sinistra, per questo suo “travisamento” della realtà va spesso incontro a fallimenti, a delusioni e frustrazioni. Ma come? Nelle città i proprietari di case affittano ai turisti guadagnando dieci volte di più senza rischi e non danno le loro case agli immigrati rischiando continuamente morosità e cattiva gestione delle stanze. Ma è mai possibile? E giù dosi di moralismo e di richiesta di leggi, vincoli e provvedimenti che vadano contro l’ingordigia dei proprietari. Ma il mercato, nonostante tutto tende a vincere. Puoi usarlo e indirizzarlo. Ma se lo combatti con grida manzoniane e con qualche “guardia rossa” vai poco lontano.
E allora? Dobbiamo accettare un mondo di “ordinary people” e una politica guidata solo dagli interessi personali? Penso proprio di no. Credo che le masse, l’opinione pubblica e i cittadini possono essere chiamati a seguire qualcosa di più e di diverso dal proprio interesse personale. Ma non imponendo leggi improntate alla “bontà”, e di riflesso alla repressione di ogni minima devianza da questa, ma piuttosto alla partecipazione, alla condivisione e al rispetto dei singoli e dei gruppi organizzati della società.
Il mercato si può usare anche per seguire obiettivi sociali e il bene comune. La spinta all’interesse individuale può essere una forza di sostegno alla crescita complessiva della società e alcune, normali e accettabili, devianze dal percorso da “uomini perfetti” possono essere tollerate e gestite in una società complessa e dinamica.
Insomma la sinistra, uscita sconfitta dalla proposta di un mondo perfetto, dove tutti sarebbero stati uguali, con eguale ricchezza e potere, deve reinventarsi. E deve reinventare la società a cui fa riferimento. In primo luogo dimettendo la sicumera e l’arroganza con cui tratta gli uomini in carne ed ossa. Ma come, “uscite da un grande e irrevocabile fallimento e continuate a sentirvi superiori moralmente e intellettualmente? Anche basta”.
E in secondo luogo rivisitando l’uomo a cui intende far riferimento. Cercando di derivarlo un po’ meno dai classici del comunismo teorico e derivati e utilizzando di più la sociologia applicata al mondo attuale.
Noi uomini ordinary, imperfetti e purtuttavia aperti a qualche afflato di rinascita sociale del mondo, intanto ci allontaniamo dalla sinistra. La destra non ci piace granchè per alcuni rigurgiti estremistici. Siamo in attesa di qualche “ordinary messiah” che non ci chieda di essere eroi ma soltanto, in fondo, brave persone.
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