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Solo Riformisti

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Alla ricerca del processo veloce

Rapida panoramica sul modo come fino ad oggi è stata amministrata la giustizia in Italia. Il fallimento delle tante riforme fatte e le false promesse del provvedimento voluto dal ministro Bonafede.

3 Gennaio 2020 da Ugo Ronchi Lascia un commento

Con il 1° gennaio è entrata in vigore la riforma ‘Bonafede’ sui termini di prescrizione.

Vorrei condividere con i lettori  le seguenti riflessioni  senza  i tecnicismi della materia

 Non si può capire fino in fondo il senso della ‘riforma’ della prescrizione penale se non si guarda a come è stata amministrata la Giustizia civile fino ad oggi

 In linea generale va osservato come ormai da vari decenni si persegue l’obiettivo di velocizzare i processi civili.

Lo si è fatto sempre sacrificando i diritti dei cittadini cioè alzando l’asticella per l’accesso al Giudice.

 Di fatto il processo civile è regredito in senso illiberale costringendo il diritto alla prova in formalità astruse e spesso oscure, veicolate su percorsi irti di trabocchetti.

 La storia del diritto processuale civile è una storia di sempre maggiori restrizioni: prima sul piano della prova, imponendo preclusioni rigorose, poi sul piano degli effetti del giudicato dando efficacia immediata alle sentenza di primo grado ed infine alzando enormemente i costi di accesso cioè tassando di più il processo

 Si è sempre trovata una pseudo giustificazione: prima  fu una ragione  economica ad ispirare il nuovo corso. Se la Giustizia è un costo, allora, si sostenne, le risorse da destinargli non sono infinite ma vanno spese con cura e anzi, se possibile, vanno ridotte.

 La soluzione che fu all’inizio adottata fu quella di stabilire delle formidabili preclusioni alle prove ; preclusioni che colpirono in ogni fase il processo rendendo sempre più difficile raggiungere la prova nel 1° grado, rendendo difficle appellare e difficilissimo ricorre in cassazione gli operatori cioè gli avvocati, ritenuti inclini, secondo la vulgata qualunquista, a fare durare i processi per interesse si trovarono ad operare con strumenti più atti a tagliare le mani che a liberarle

 Questa posizione fu fatta proprio dalla magistratura nel modo più rigoroso; questa categoria  accolse di buon favore la scusa di accorciare i tempi processuali per applicare con estremo rigore le norme di procedura

 Non si ebbe un accorciamento della durata dei processi ma solo un irrigidimento della loro struttura come se  un medico anzichè prescrivere una dieta  ad un paziente sovrappeso gli imponesse di  portare un vestito di taglia più piccola in modo da indurlocosì a dimagrire.

 Servì insomma a fare soffrire il paziente ma i tempi dei processi rimasero in pratica gli stessi.

 La riforma negli anni, bene o male andò, a regime solo mitigata da interventi della cassazione che, paradossalmente dovette negli anni porre un’argine alla tendenza  massimalista dei giudici di merito di applicare col massimo rigore le novelle.

 Col mordere della crisi del 2008 si cominciò a sostenere poi che la eccessiva durata dei processi civile fosse uno dei gap che rendeva l’Italia poco attrattiva agli investimenti. Affermazione di per sè discutibile poichè nessun imprenditore fonda una impresa pensando di andare in Tribunale. Ma la tesi passò. La soluzione adottata fu però peggiore del male che si voleva curare: fu quella di rendere l’accesso alla Giusizia molto costoso ai cittadini, specie quella amministrativa dei TAR e del Consiglio di Stato e quella delle Corti Superiori (Appello e Cassazione).

 Dulcis in fundo, siccome servivano più giudici di quanto lo Stato potesse ( o volesse ) assumere con concorso si fece ricorso ad una specie di volontariato; di lì le figure dei Giudici Onorari (GOT) dei Giudici di Pace e dei Cosnuglieri Aggregati di Corte di Appello catageorie parallele alla magistratura togata con funzioni ancillari nonchè retribuita a cottimo, foriera spesso di discutibili pronunce : di qui crebbe enormemente  il contenzioso di appello e di Cassazione.

 In generale la tendenza delle riforme è stata quella di anticipare sempre più gli effetti del giudicato alle fasi iniziali della procedura, in sostanza al 1° grado, a discapito dei diritti dei cittadini cioè di coloro che la Legge dovrebbe proteggere.

 Adesso siamo alla riforma della prescrizione penale.

 Il penale è però una molto cosa seria e  differisce dal civile poichè ci sono tre parti ad agire anzichè due: la Procura, l’ attore, la Parte civile ( in veste di attore comprimario) e l’imputato ( sempre in difesa) ed inoltre perchè è un processo garantito fino al terzo grado a differenza del civile dove il rischio per l’attore di decadere dal diritto all’azione è sempre in agguato stante le riferire preclusioni processuali

 Il penale secondo le intenzioni della Riforma degli anni ottanta doveva essere incentrato sul dibattimento in situazione di parità tra accusa e difesa; speranza disattesa: in realtà si è spostato sempre più verso la fase delle indagini preliminari dandosi un peso eccessivo agli atti della Polizia Giudiziaria : questo ha fatto sì che oggi che le indagini durano moltissimo, oltre ogni ragionevolezza, e si giunge al dibattimento del 1° grado che circa metà del tempo della prescrizione è già passato.

 Gli stessi strumenti deflattivi come il giudizio abbreviato e il patteggiamento non sono stati resi affatto attrattivi: il primo perchè vede un premio incerto ( inutile ridurre la pena di un terzo se non sai da che livello di pena parte il Giudice) il secondo perchè è stato in vari settori (come l’urbanistica) di fatto reso impraticabile: ecco perchè si fanno più dibattimenti di quanti si prevedevano nella intenzione dei Riformatori

 In sostanza il processo penale per varie ragioni dura  molto a lungo

 A differenza dell’azione civile (che può durare un tempo indefinito senza prescriversi se l’attore la coltiva diligentemente rispettando le procedure) il penale però ha una scadenza che si chiama prescrizione. 

 La prescrizione è un istituto insidioso per le procure ed un utensile valido in mano ad avvocati capaci, é inutile negarlo.  Tanto più il processo è lento tanto più rischia di prescriversi il reato.

 Non è un istituto ‘democratico’ come spesso si afferma perchè  si è visto molto utilizzato in processi con imputati eccellenti mentre in caso di imputati contumaci o privi di mezzi l’ho visto assai meno applicato se non per i reati contravvenzionali (cioè per dei quasi – reati, di fatto, che dovrebbero trovare nella sanzione amministrativa la risposta corcitiva)

 Di qui le varie riforme che, a seconda delle stagioni della politica (o di questo o quel Premier) hanno visto interessare l’istituto della prescrizione come il restringere od allungare i tempi di prescrizione in generale, o , su singoli reati, intervenire  settorialmente sull’onda dello sdegno per questo o quel fatto di cronaca

 In un epoca di giustizialismo si è giunti infine alla sua abolizione, di fatto.

 Dopo la sentenza di 1° grado la prescrizione non corre più. La sentenza di primo grado sarà sottoposta a revisione ma ciò avverrà con tutta calma in un tempo indefinito

 Anche qui incapaci di velocizzare il processo, riformandolo nelle procedure, si è ricorsi alla logica di anticipare la decisione rendendola pressochè definitiva in primo grado, come di fatto è oggi nel processo civile

 Anche qui si sono compressi i diritti  alla prova, esattamente come nel campo civile

 La retorica demagogica che così gli imputati non ‘la faranno franca’ e le parti civile potranno ‘avere giustizia’  non regge affatto visto che il diritto di difendersi provando resta uno dei cardini del sistema democratico e che la sentenza  penale di primo grado, se di condanna, non porterà  in carcere nessuno e  non attribuirà alle parti civili alcun diritto esecutivo, almeno allo stato delle cose, ma solo sulla carta e provvisorio

 Si dovrà mettere mano, dunque, al processo penale, si dice adesso; ma c’è da tremare: il prossimo  passo quale sarà? Probabilmente quello abolire l’appello e rendere l’accesso alla cassazione difficilissimo se la logica è quella vediamo oggi.

 Meglio non fare niente, almeno per adesso

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