Ma sono proprio sicuri Giuseppe Matulli e il pugno di intellettuali che con lui hanno firmato l’appello per chiedere al Pd l’effettuazione di primarie aperte al fine di individuare il loro candidato a sindaco del dopo-Nardella sia la miracolosa formula toccasana da applicare ? Ritengono davvero che il meccanismo delle primarie, in seconda battuta aperte a chiunque dichiari l’intenzione di votare il Pd o la coalizione dal Pd intessuta, sia il toccasana per garantire larga partecipazione e chiara trasparenza? Avanzo pesanti obiezioni. Se si crede che sia necessario rivoluzionare la struttura della forma partito eliminando le incrostazioni oligarchiche tollerate troppo a lungo è questa la via? In effetti puntare sul prodigio di una consultazione di fatto in larga misura dominata da chi non ha fiducia nel rinnovamento di una formazione politica finora chiamata partito e certo da revisionare in profondità è frutto della convinzione che comunque i partiti siano da smantellare e abbiano terminato la loro funzione. Saremmo di fronte a un fatale “finale di partito” come è stato scritto e inevitabilmente ad uno sbocco di taglio populistico ispirato alle teorie decisionali di Manin o ad altri teorici meno raffinati di chi ha esaltato la “democrazia del pubblico”. Il rischio è che tra mondo politico strutturato adottando nuove regole e tecnologi e le forme inedite di un’ attiva orientata cittadinanza sia di per sé scontata una divaricazione irrimediabile. Da un lato un neopartito da inventare e dall’altro un’area neofrontista perlopiù ostile pregiudizialmente a qualsiasi modello partitico. Se si vuol attrarre seriamente ad un impegno continuo e efficace in organismi dotati di una loro comunitaria continuità, questo dualismo non può che condurre a negare validità a qualsiasi aggregazione e ad esaltare improvvisazioni e scommesse cieche. I due mondi saranno come due azioni parallele destinate ad essere antagonistiche o a non incontrarsi mai. Se il problema del Pd è darsi una nuova identità plurale e non cedere alle sirene del “papa” o della “papessa” esterni scelti sulla base di risentimenti o di immotivate speranze la via delle primarie aperte ormai codificate porta allo sfascio o alla marginalizzazione del partito in quanto tale. Perché dovrei esserne membro, intrecciare reali e fecondi confronti con i militanti – brutta parola, lo riconosco – conosciuti e quindi noti per le loro idee e le loro capacità? Le primarie possono accrescere convergenze spurie e manovre spregiudicate, altro che trasparenza e democraticità. Se non si cambia da dentro e dentro un partito il cambiamento desiderato sarà illusorio e incidentale. E quasi sempre trionferà un voto “contro”, nella speranza che un volto o uno stile simpatici compiano un miracolo. Il partito dei burocrati se ne vada al diavolo e prenda il suo posto un’opinione influenzata da moti psicologici e da dure avversioni . Anche a Firenze non mancano esempi che dimostrano l’inanità di successi ottenuti con malizia plebiscitaria e scaduti poi nelle prassi più viete del clientelismo settario orchestrato da fedelissimi. Certo: le primarie aperte non sono da escludere in linea di principio. Ma non sono la priorità se un partito o un’associazione civica o un attrezzato movimento vogliono guadagnarsi spazi essenziali nella costruzione e nella costante verifica di una riforma della politica e del fare amministrazione. Del resto non è questo che chiede la Costituzione ? Le scorciatoie non esistono o rischiano di eccitare accordi facili. Non basta accrescere consensi per vincere e governare. Dovrebbe ormai esser chiaro l’insegnamento che deriva da tentativi all’inizio seducenti che hanno fallito in pieno, tradendo gli esiti promessi.

Info Roberto Barzanti
Roberto Barzanti (n. 1939) iscritto nel 1957 al Partito Socialista Italiano, dirigente della Federazione Giovanile Socialista Italiana, quindi membro del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria fin dalla sua fondazione nel 1964. Dal 1974 è esponente del Partito Comunista Italiano, del PDS, dei DS e pur aderendo alla prospettiva disegnata a Torino da Walter Veltroni nel giugno 2007 non confluì, nel successivo ottobre, nel Partito Democratico. Né ha fatto parte di altre formazioni politiche
È stato sindaco di Siena dal 1969 al 1974, quindi assessore nella giunta della Regione Toscana dal 1975 al 1979 con l'incarico degli affari generali e delle politiche europee. Successivamente è stato vicesindaco del comune di Siena fino al 1984.
È stato eletto al Parlamento europeo alle elezioni europee del 1984, e poi riconfermato nel 1989 e nel 1994, per le liste del PCI e del PDS. È stato vicepresidente del Parlamento europeo dal 14 gennaio 1992 al 18 luglio 1994.
Ha tenuto corsi su istituzioni e politiche audiovisive in Europa nella Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Pisa e nella Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Siena, laurea specialistica in radiofonia.
Risiede a Siena, dove è stato presidente della Biblioteca comunale degli Intronati dal 2012 al 2018 . Attualmente è presidente dell’Accademia degli Intronati e presidente onorario delle Giornate degli Autori, associazioni di autori del mondo del cinema.
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