Dovrebbe essere evidente per tutti che quando si organizza e si mette in pratica una vasta operazione militare di sterminio nei confronti di famiglie ebraiche, come quella che Hamas ha condotto contro gli abitanti dei kibbutz e i giovani del rave nel deserto, si va oltre il concetto tradizionale di “atto terroristico” che, per quanto violento e distruttivo possa essere (vedi stragi del Bataclan o di Charlie Ebdo), è pur sempre una barbarica manifestazione isolata; e si entra nel territorio che nel Novecento ha visto milioni di vittime, e cioè lo sterminio programmato della popolazione di religione ebraica di matrice nazista. Anche laddove, come nel caso dei militanti di Hamas, il nazismo non viene direttamente evocato come ideologia ispiratrice e teoria dell’antisemitismo, ma la premessa è la ipotizzata illegittimità dello Stato di Israele in un’area geografica storicamente sottoposta alla dominazione islamica, il nazismo come metodologia dello sterminio di massa resta il caposcuola che l’islamismo radicale – già dell’Isis e oggi di Hezbollah e di Hamas – prende a modello per ricalcarne le orme insanguinate.
Ecco perché oggi si può e si deve parlare di Nazislamismo, senza neppure aver bisogno di ricordare gli antichi abboccamenti del Gran Muftì di Gerusalemme, noto antisemita, con i gerarchi nazisti all’inizio degli anni Trenta del secolo scorso, al fine di reclutare giovani musulmani nelle Waffen-SS.
E qui sarebbe, dunque, logico che tutta la galassia dell’antifascismo italiano assumesse una chiarissima posizione di condanna dell’operazione speciale (come la chiamerebbe un altro esperto di genocidio) condotta da Hamas contro civili israeliani di ogni età, compresi i neonati in culla. Invece, appena risuona la parola Israele, scatta il riflesso condizionato in buona parte della sinistra antifascista tradizionalmente filo-palestinese, compresi tanti sindaci del Pd, per cui, anziché far sventolare la bandiera azzurra con la croce di David in segno di solidarietà non parolaia, si preferisce innalzare le solite logore bandiere arcobaleno del pacifismo, le stesse che sono state sventolate nelle piazze italiane quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina e la Resistenza degli ucraini aveva bisogno di aiuti militari per difendersi.
Ci sono stati persino pasticci che rasentano il grottesco, come sui palazzi comunali di Roma e Milano, dove, accanto alla bandiera di Israele, è stata messa anche quella arcobaleno, come a chiarire che la solidarietà con gli ebrei si ferma laddove inizia la controffensiva nella striscia di Gaza; perché la pace verrebbe sempre prima di tutto, anche prima della legittima difesa di un popolo che si vede ancora oggi massacrato dagli aguzzini nazisti che non portano più le macabre insegne con le croci uncinate, ma la bandiera palestinese.
Lascia un commento