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Solo Riformisti

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L’assistenzialismo non basta

La crisi da coronavirus ha aggravato i difetti strutturali della nostra economia. Ora va sostenuta l’industria, favorendo l’innovazione, la crescita delle imprese e la loro patrimonializzazione. L'illusione di una nuova IRI. Nostra intervista al Prof. Petretto.

19 Maggio 2020 da Luciano Pallini Lascia un commento

Come vedi lo scenario del futuro prossimo,  dei prossimi anni per l’economia italiana?  Secondo le stime europee è ’  il Paese che cresce meno di tutti e quello con le peggiori  condizioni di finanza pubblica 

Siamo alle solite potremmo dire! Arriva una crisi globale che colpisce tutti i paesi industrializzati. Noi ne subiamo il contraccolpo economico  più forte e ci riprendiamo dopo gli altri. Nel 2014, la Grande recessione era una ricordo in tutti i paesi europei, un ricordo remoto in USA in crescita dal 2009, oggetto di studio degli storici economici nelle Università asiatiche. Da noi, nel 2017, in alcune parti del paese, non erano stati recuperati i livelli pre-crisi. Ci vuole molto a capire che la malattia del nostro sistema economico non è originata dalla crisi, per quanto grave, ma è strutturale e pre-esistente?. Il rifiuto di riconoscere questa evidenza si sta riproponendo con la crisi da pandemia. La via da intraprendre è, come non è stato per superare la Grande recessione, far coincidere politiche di risarcimento con politiche di riforma strutturale, di rivitalizzazione della struttura delle imprese e dei mercati e di riorganizzazione vera della pubblica amministrazione. Quanto alla finanza pubblica….occorre un’altra intervista

La tua opinione sulle misure del governo? Intanto quelle sociali, per assicurare un reddito a chi non lavora: lavoratori dipendenti,  professionisti autonomi e partite IVA? 

Per gli interventi in campo sociale si è scelta la via della centralizzazione (INPS grillina uber alles!), lasciando fuori i comuni  e il terzo settore. Elargire soldi alle famiglie è una “goduria” che i modesti politici che ci governano non hanno inteso delegare. Meno servizi e più bonus è anche una soluzione più gradita dai percettori ma non è detto che sia la più funzionale.

 

E quelle per la crescita? Si prefiggono il bersaglio giusto? Sono sufficientemente finanziate? Quale potrebbe essere il dividendo delle semplificazioni di cui parla sempre il prof. Cassese? 

Occorre una premessa. Malgrado tutto l’economia italiana ha ancora una solida vocazione industriale. Bisogna quindi coltivare, sostenere e incentivare questa vocazione. Quanto più cresce il manifatturiero – naturalmente quello ad alta tecnologia, digitalizzata, con elevata con produttività derivante dalla conoscenza e dalla formazione dei propri addetti – più cresce l’occupazione stabile e meno si espande il settore dei servizi a basso valore aggiunto e di natura secondaria, i servizi che diventano sostituti e non sono complementari all’industria. Per sostenere l’industria bisogna favorire le innovazioni, l’allargmento delle dimensione d’impresa e la patrimonializzazione. Nom mi pare che i circa 25 miliardi di euro destinati alle imprese abbiano come base un disegno complessivo con queste caratteristcihe. Poco o niente c’è in tema di incentivi e agevolazioni in ottica industria 4.0  e di start-up. Il tema delle semplificazioni evocato da Cassese è cruciale e sembra vi sia dedicato un decreto specifico. Speriamo bene perchè con questo ci giochiamo la partitia degli investimenti pubblci e privati e dell’industria edilizia 

Non sarebbe utile invece di tanti rinvii che alimentano solo l’incertezza e ritardano solo il fare i conti con l’impatto della crisi sulle entrate pubbliche e previdenziali , un condono fiscale e contributivo  tombale?

Il meccanimso dei rinvii si sostine sull’idea che siamo in presenza di una crisi a V. Se dopo la caduta l’economia non riprende spedita sarà difficile tornare alla normalità delle scadenze fiscali e questo scardinerà la struttura del sistema fiscale che già presenta strutturalmente buchi da tutte le parti. Quanto ai condoni, la mia idea è che non si debba sanare il passato ma sostenere il presente. Le imposte collegate alle basi imponibili pre crisi si fondano su una capacità contributiva che si è manifestata a cui corrisponde un legittimo debito tributario. Anche l’abolizione di fatto dell’IRAP apre un vuoto sul finanziamento strutturale della sanità che non potrà essere coperto con i fondi MES a cui dovremo poi porre rimedio. Si tratta di trovare una base di 4 miliardi di entrata strutturale, che mantenga l’equilibrio  della combinazione famiglie/imprese per finanzare la sanità. Auguri!

Le misure per la  liquidità sono in grado di assicurare la sopravvivenza delle imprese? Le procedure ed i tempi delle erogazioni  prenderanno finalmente un passo spedito? 

Di liquidità ne è stata immessa copiosa. Le imprese lamentano ritardi nelle distribuzioni che non ho modo di confutare. Certo che il recupero tardivo della liquidità pregiudica anche gli effetti delle poche misure strutturali messe in cantiere

Si dice che le banche rallentinoca concessione dei prestiti  non solo per l’assenza di uno scudo penale per i funzionari e dirigenti per erogazioni a imprese che possano poi fallire ma anche perché le garanzie del decreto liquidità non hanno copertura ma una promessa di copertura. le banche non si fidano evidentemente dello stato italiano 

E’ un gioco tipo “dilemma del prigioniero” . Gli attori della combinazione garanzia, finanziamenti, prestiti non agiscono in modo cooperativo. Non è una novità nella storia delle istituzioni pubbliche del nostro paese. Le banche, malgrado tutto, sono le uniche che hanno le capacità di selezionare i beneficiari dei prestiti e dare i soldi a chi li merita e sa farli fruttare, limitando i fenomeni di azzardo morale. Quando ci si mette lo stato in genere sono guai. La norma sulla responsabilità penale per i funzionari e dirigenti risale ai tempi della prima guerra mondiale ed è unica con la sua severità in Europa.

Cosa è rimasto della possibilità per lo stato di entrare, con Cassa DD.PP: o altro strumento;  nel capitale delle imprese? Quale il ruolo: Dormiente o attivo? Non si rischia ancora una volta una selezione avversa con la quale scegliere i vincitori, salvare i perdenti? 

Tutti i pericoli evocati nella domanda ci sono, soprattutto quella della perniciosa illusione di una nuova IRI. Ma vanno contrastati nel momento in cui si prefigura un intervento pubblco che indirittamente punti ad immissione di capitale proprio nelle imprese, ingolfate di debiti. Il ruolo del settore pubblico deve essere assolutamete dormiente e la Cassa Depositi e Prestiti non deve allargare troppoo le sue funzioni. Occorrono nuovi strumenti di proprietà che non implichini la gestione manageriale che deve rimanere rigorosamente all’imprenditore.

 

Ad una prossima intervista i temi delle risorse dall’Europa (MES, SURE, BEI) ma anche BCE e contrasto tra diverse visioni dell’Europa 

 

 

 

 

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Info Luciano Pallini

Laureato in Economia e commercio all’università di Firenze con il massimo dei voti e la lode, Luciano Pallini è stato dal 1970 al 1975 responsabile dell’Ufficio studi del Comune di Pistoia. Qui, dal 1975 al 1988, ha ricoperto diverse cariche elettive. Già componente del consiglio di amministrazione dell’Irpet e della S.a.t. “Galileo Galilei” di Pisa, svolge da trent'anni attività di consulenza alle imprese e di ricerca economica. Attualmente svolge attività di coordinamento del Centro studi Ance Toscana e del Centro studi della Fondazione Filippo Turati. Presiede inoltre l’associazione E.s.t. (Economia società territorio) con la quale realizza progetti di sviluppo basati sulle risorse locali, in particolare i beni culturali.

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