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La manipolazione del mercato

L’incredibile vicenda di Autostrade. Il populismo imposto dai grillini e subito dal Governo rovescia di fatto la politica seguita dai precedenti esecutivi sulle concessioni autostradali. La difficile posizione del PD.

21 Luglio 2020 da Paolino Casamari Lascia un commento

In cinque giorni ho guadagnato oltre due milioni. Mi sono svegliato di soprassalto. Era un sogno: la banca mi aveva imprestato dieci milioni senza chiedermi alcuna garanzia e senza chiedermi per che cosa mi servissero. Chiaramente, pensavo di avere a che fare con l’Europa: datemi i soldi e poi li spendo come mi pare e piace. Era chiaramente un sogno: nella realtà per i prestiti e per i mutui non funziona così. Ma qualcosa di vero c’era nel sogno: se lunedì 13 luglio, avessi investito dieci milioni di euro per comprare  azioni di “Atlantia”, venerdì mi sarei  ritrovato con le azioni che valevano due milioni in più, ovvero il 22% per cento in più.

Il governo minacciava di revocare la concessione e quindi il titolo scendeva a precipizio: il governo non ha affrontato la questione, in silenzio, con una trattativa a borsa chiusa, e la Consob se n’è ben guardata dal sospendere il titolo in Borsa. La società Atlantia, quotata in Borsa, è per il 30% dei Benetton, e per il 70% è di vari azionisti di tutto il mondo: il governo di Singapore, fondi (per lo più pensionistici) americani, canadesi, inglesi, francesi, giapponesi, australiani., grandi banche come la HSBC, la Norges bank, la Swiss Bank e c’è anche la Fondazione Cassa di risparmio di Torino.

Poi Atlantia possiede l’88% di “Autostrade per l’Italia” (ASPI), che ha, come altri azionisti, per il 5% Silk Road Fund (del governo cinese), per il 7%  un consorzio composto da Allianz (tedesca), da EDF Invest (francese) e DIF Infrastructure (olandese con sedi in Cile, Australia, Canada, ecc).

Per essere chiari, il 5 giugno Atlantia valeva in borsa 13,2 miliardi, il 13 luglio era scesa a 9,4 miliardi e oggi, 17 luglio, vale 11,4 miliardi. Quindi gli azionisti di Atlantia, in un mese, hanno perso circa 1,8 miliardi: i Benetton circa 500 milioni e  gli altri azionisti 1,3 miliardi, fra cui la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino che ha perso 80 milioni.

In termini giuridici c’è un reato che si chiama “manipolazione del mercato”: “chiunque pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da € 20.000 a 5.000.000 €. La CONSOB è l’autorità di vigilanza dei mercati cui spetta il controllo sull’aggiotaggio.”

L’ azienda  valeva 14,8 miliardi di euro (2017) e  oggi viene stimata fra gli 11,5 e i 9 miliardi.  Quindi quanto deve spendere la Cassa Depositi e Prestiti (il risparmio postale degli italiani)  per acquisire l’Aspi non si sa: 2 o 3 o 5 miliardi ?  E lo Stato si accolla poi per la sua parte i debiti della società (9 miliardi, . di cui 400 milioni con la Cassa Depositi e Prestiti che aveva concesso nel dicembre 2017 una linea di credito da 1,7 miliardi. Perché la Cassa Depositi e Prestiti aveva finanziato i malvagi Benetton? Forse allora non erano così malvagi?)

Inoltre ci sono investimenti che Aspi deve fare da qui al 2038 per 14,5 miliardi, di cui 7,5 già cantierabili, come scrive Lidia Baratta su “Linkiesta”.  Poi ci saranno gli indennizzi alle famiglie delle vittime nella quantità che stabilirà la magistratura.  E chi li pagherà? La Aspi (con dentro lo Stato)  e anche lo Stato visto, che era compito suo controllare le manutenzioni e gli investimenti?

Senza attendere la sentenza della magistratura, si è partiti (due anni fa), lancia in resta, con la minaccia di revoca della concessione, salvo poi scoprire che ci sarebbe stato un contenzioso di decine di miliardi.. Certo, a leggere le dichiarazioni del Ministro che ha avuto una buona impressione di Mario Draghi (non l’aveva mai incontrato allo stadio San Paolo !) c’è da rimanere senza parole: “È una operazione di mercato per sottrarre una azienda alla logica del mercato”. 

Qualcuno andrà mai  in Parlamento, con dati alla mano, a dimostrare che i Benetton, o Atlantia o “Autostrade” non sono affidabili (non bastano le parole, cara Ministro De Micheli), che non sono stati fatti gli investimenti previsti e richiesti dalla parte pubblica, che non sono state fatte le manutenzioni previste e richieste dalla parte pubblica, che i controlli dello Stato sono stati rigorosi, pertinenti e puntuali, e che la concessione, o le varie concessioni sono state troppo favorevoli alla azienda, che i pedaggi sono troppo alti ?  Si afferma che è giusto “nazionalizzare” per assicurare “tariffe più eque e trasparenti, più efficienza, più sicurezza”. Tutte cose contenute nell’accordo del Governo italiano, Ministro Delrio, con la Commissione europea, che non prevedeva la “statalizzazione”.  In data  27 aprile 2018 Margrethe Vestager, Commissaria responsabile per la Concorrenza, aveva dichiarato: “Sono lieta che, in stretta collaborazione con l’Italia, abbiamo trovato una soluzione che permetterà di effettuare investimenti essenziali nelle autostrade italiane, limitando nel contempo l’impatto sugli utilizzatori ed evitando una sovracompensazione delle imprese che gestiscono le autostrade. L’Italia ha inoltre convenuto di indire a breve nuovi bandi di gara per diverse importanti concessioni autostradali al fine di garantire una vera concorrenza nel mercato.” 

Mi piacerebbe capire come fanno adesso Delrio e Zingaretti a sottoscrivere la dichiarazione di Conte per cui “L’interesse pubblico ha avuto il sopravvento rispetto a un grumo ben consolidato di interessi privati. È successo qualcosa di straordinario che dovrebbe essere semplicemente ordinario” . Oddio, se lo Stato compra tutte le aziende che rappresentano un “grumo ben consolidato di interessi privati”,  siamo oltre la Cina comunista, siamo all’abolizione della impresa privata.  “Ha vinto lo Stato, hanno vinto i cittadini”: come? A che prezzo non è dato ancora saperlo. Ma da questa affermazione si deduce che il governo Gentiloni e il Ministro Delrio e quindi il PD stesso, quando parlavano con la Commissione Europea sulle concessioni autostradali, non facevano l’interesse pubblico e dei cittadini. Delle due l’una, tertium non datur, dicevano a Roma un tempo. Tra una affermazione e la sua negazione, è esclusa ogni altra possibilità. Ma tutto è possibile oggi a Roma, persino che le 5S siano parte di “un nuovo centrosinistra”.

(questo articolo con il consenso dell’amministratore del blog è stato ripreso da www.ilmigliorista.eu)

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