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Solo Riformisti

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La difficile partita dell’innovazione tecnologica

Per ridurre la dipendenza digitale dalla Cina e quella energetica dalla Russia non basta ormai neppure la dimensione europea. Senza una cooperazione euro-atlantica di medio e lungo periodo non se ne esce. 

26 Novembre 2022 da Marco Mayer Lascia un commento

Ho letto con una certa sorpresa   che Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’ Innovazione Tecnologica Alessio Butti riunirà presto un tavolo con le principali telco italiane con l’ obiettivo di correggere alcuni errori commessi nei programmi di transizione  digitale finanziati dal PNRR.

E’ probabilmente vero (se si esclude il potenziamento del Golden Power d’ intesa con il Copasir) che le implicazioni strategiche e geopolitiche del PNRR digitale sono state   sottovalutate dal governo Draghi.

Tuttavia proponendo  un  tavolo con le aziende italiane di telecomunicazioni  Alessio Butti ha dimostrato una altrettanta  superficialità  (se non maggiore) di quella che egli stesso  ha imputato al Ministro Colao.

L’idea del tavolo è fuori della realtà per un semplice motivo: le telco italiane non esistono.

Non è italiana TIM (il maggiore azionista è francese), tanto meno è italiana Wind3 (al 100% cinese), non lo sono Fastweb (controllata dal gruppo svizzero  Swisscom) ne’ ovviamente Vodafone…

Durante il governo Conte 1, ma anche negli anni successivi i bandi del 5G sono stati concepiti come un modo dello Stato per far cassa.

Ne’ il MEF ne’ il MISE hanno compreso che 5G e 6G (e banda larga)  sono infrastrutture strategiche da ancorare saldamente agli interessi nazionali e pertanto da attuare in una cornice euroatlantica.

La storia digitale del nostro paese assomiglia molto alla vicenda del gas russo di cui ora paghiamo care tutte le conseguenze.

Nell ‘ ultimo decennio centinaia di stazioni pubbliche appaltanti hanno affidato la sicurezza dei loro dati ad aziende russe per non parlare della diffusa penetrazione delle cinesi Huwaei e ZTE nei Dicasteri, nelle Regioni via gare CONSIP e non solo.

Per quanto riguarda il confronto con gli altri paesi del G20 l’ Italia è al 17 posto per quanto riguarda le capacità organizzative in campo digitale.

In questo difficile contesto desidero riproporre il monito lanciato durante  una iniziativa promossa dalla Cesare Alfieri di Firenze nel 2021 dal Ministro Vincenzo Celeste, Direttore Generale UE alla Farnesina e dal Generale Cosimo di Gesù della Guardia di Finanza sui rischi di frode, corruzione e conflitto di interesse  legati all’ assegnazione dei fondi PNRR.

(https://formiche.net/2021/02/dal-5g-alla-corruzione-le-priorita-del-recovery-fund-scrivono-mayer-e-martino/)

In questo contesto sarebbe  paradossale che (anche a causa delle complesse supply chains) una parte dei fondi europei destinati alla transizione digitale finissero direttamente o indirettamente nelle casse di imprese russe o cinesi.

Su questo il MEF del Ministro Giorgetti, la Guardia di Finanza e la stessa Farnesina dovrebbero vigilare.

Negli ultimi mesi Francia e Germania (e di conseguenza  anche l’ Italia) hanno venduto alla Cina forniture di aeromobili Airbus per miliardi di euro destinati  all’ aviazione civile. Questo tipo di accordi in un mondo sempre più duale presenta qualche rischio, ma i benefici sono probabilmente maggiori degli svantaggi.

Ma lo stesso discorso non vale né per l’energia né per il digitale.

Per ridurre la dipendenza digitale dalla Cina e quella energetica dalla Russia non basta ormai neppure la dimensione europea. Senza una cooperazione euro-atlantica di medio e lungo periodo non se ne esce.

Piu che inseguire i fantasmi di telco italiane inesistenti  sarebbe meglio che l’ Italia fosse protagonista di un nuovo  rinascimento euroatlantico con Stati Uniti e Canada nel campo dell’ Innovazione Tecnologica (dalle nuove frontiere alla genetica medica alla fusione nucleare, dal 6 G alla computazione e comunicazione quantistica  ecc.)

Se un paese nazionalista come la Francia  punta su un accordo di lungo periodo  tra Thales e Google significa che è in quella direzione che si deve guardare se (anche per difendere libertà e   democrazia) si vuole porre un argine all’ eccesso di importazioni strategiche dalla Russia e dalla Cina.

E’  in questo orizzonte di difesa del mondo libero –   non in  quello del  sovranismo  impotente  –  che  Giorgia Meloni potrà conquistare o meno la  sua credibilità internazionale dopo il debutto di Bali.

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Info Marco Mayer

docente al Master In Cybersicurezza di LUISS Guido Carli e al Cyber Defence della Scuola:di Telecomunicazione del Ministero della Difesa in partnership con
Università di Modena e Reggio Emilia

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