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Il papa e la presidente

Armonizzare i colori non è solo una questione di look com’era una volta. Armonizzare i colori, oggi, risponde a una strategia di comunicazione, e di conseguenza è politica mica civetteria.

18 Maggio 2023 da Roberto Riviello Lascia un commento

Auditorium della Conciliazione, giornata conclusiva degli Stati Generali della Natalità, Giorgia Meloni è seduta accanto a Papa Francesco in perfetta sintonia cromatica: in bianco lui e in bianco pure lei: a dimostrazione del fatto che l’armocromia non è una sciocchezza di questi ultimi anni, ma una vera e propria scienza di cui la politica si serve per comunicare. Non lo sappiamo se anche la Meloni, come la Schlein, abbia alle sue dipendenze un armocromista, ovvero uno che per mestiere suggerisce ai propri clienti come vestirsi e come abbinare i colori; ma dopo la sua uscita da suora laica in abito bianco, accanto al Pontefice per il quale il bianco è un must, beh, l’ipotesi diventa quasi una certezza.

Armonizzare i colori non è solo una questione di look com’era una volta, quando noi uomini di una certa età mettevamo necessariamente la giacca blu sui pantaloni grigi e le signore perbene non uscivano mai per strada senza abbinare la borsetta con le scarpe. Armonizzare i colori, oggi, risponde a una strategia di comunicazione, e di conseguenza è politica mica civetteria.

Prendiamo Elly Schlein: ricordavamo che era solita presentarsi in pubblico con l’eskimo verdognolo, più o meno lo stesso capo con cui andavano sempre vestiti Mario Capanna e Adriano Sofri ai bei tempi della contestazione studentesca. Ma da quando è diventata segretaria del Pd, l’eskimo non lo mette più e, su indicazione dell’armocromista, si è fatta creare trench eleganti e completi con giacche doppiopetto a colori pastello. E così appare sempre disinvolta, solare, smart, perfettamente a suo agio sia in parlamento che in piazza con la Fiom; a rappresentare la svolta del suo partito, ma anche a comunicare che la svolta è in realtà un ritorno al passato, alla tradizione degli Occhetto e dei D’Alema, con un pizzico di Bertinotti e Niki Vendola, e persino di Nilde Iotti e Rossana Rossanda: uomini e donne di sinistra ma pur sempre di gran classe.

E ora torniamo al Papa e alla Presidente del Consiglio, che sul palco dell’Auditorium hanno trovato una sintonia – nei contenuti se non nei toni – che è andata ben oltre l’armocromia. Hanno entrambi parlato di “inverno demografico”, ma ribadendo che incentivare le nascite non è contrario a una politica dell’accoglienza e della solidarietà sociale.  E se Il Pontefice ha detto: “E’ una cultura non amica della famiglia, una cultura dove si parla di diritti individuali e dove i condizionamenti sono insormontabili per le donne, costrette al bivio tra carriera e maternità”, la Meloni ha aggiunto: “La natalità è la priorità della nostra nazione, affinché l’Italia torni ad avere speranza nel futuro”.

Un discorso prevedibile quello della leader di FdI, con i soliti toni accesi di chi vuol fare di ogni occasione un comizio elettorale, per cui “non sia un tabù dire che la natalità non è in vendita, che l’utero non si affitta e i figli non sono prodotti da banco che puoi scegliere e poi magari restituire”. Insomma, c’è mancato poco che ci rifilasse anche il vecchio tormentone di “io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre…”

Papa Francesco, invece, si è mostrato molto più pragmatico e lungimirante quando ha toccato il tema dei giovani, che è il vero nodo del problema demografico: “Il futuro non pare incerto, lo è. In un contesto di incertezze e fragilità le giovani generazioni sperimentano una sensazione di precarietà per cui il domani sembra una montagna da scalare”.

Un’ultima considerazione: l’avevamo sempre definito, in modo alquanto superficiale, un papa “sinistrorso”. Certamente la sua sensibilità in materia di diritti sociali, ambiente e rapporti affettivi lo avvicina a una visione progressista della società; ma su tutto il resto Bergoglio è tetragono nella sua ortodossia, come per la natalità e la famiglia (non a caso, nel suo intervento, non ha neppure sfiorato l’argomento delle famiglie arcobaleno). Da questo deriva l’affinità con il conservatorismo della Presidente del Consiglio: un’affinità, però, che non è assicurata su altri temi. Come dire, parafrasando il Pontefice, oggi si sono vestiti uguali ma domani chissà.

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Info Roberto Riviello

R.R. nel 1978 si è laureato in Filosofia nell'Università di Firenze ed ha sempre insegnato negli istituti secondari della Toscana. Ha scritto per la radio, il cinema e il teatro. Trascorre il suo tempo libero passeggiando in campagna. È appassionato di storia, arte e cucina.

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