Siamo purtroppo tornati a interrogarci sul concetto di italianità, ovvero come si definisce un “italiano vero”. Sembrava un tema superato o comunque divenuto di scarso interesse, visto che dal Covid alla guerra in Ucraina di questioni veramente drammatiche ne abbiamo dovute affrontare molte e ancora siamo in mezza alla bufera. Ma prima il generale Vannacci col suo famigerato libro “Il mondo al contrario” e adesso la morte di Toto Cutugno, noto soprattutto per il suo successo “L’italiano”, ci costringono a dimenticare per un po’ le recenti alluvioni, gli incendi ferragostani, le violente grandinate, il tema del salario minimo e il taglio (sempre promesso e mai realizzato) delle tasse e del cuneo fiscale; e ci fanno interrogare sulla questione di chi sia l’italiano vero.
Il generale l’ha detto molto chiaramente ma solo in termini negativi: non è omosessuale e non ha la pelle scura. Per quanto riguarda la prima questione, quella dell’omosessualità, basterebbe ricordare proprio a lui che si sente un erede di Giulio Gaio Cesare, il più grande militare di tutti i tempi, che l’eroe romano era notoriamente bisessuale: lo attestano le fonti tra cui Cicerone, un uomo le cui parole vengono ancora studiate nei migliori licei classici del mondo. Poi c’è la faccenda del colore della pelle, e per questo il generale-scrittore ha citato la pallavolista Paola Egonu che ha la pelle scura e quindi, secondo lui, non potrebbe considerarsi un’autentica italiana. Eppure, proprio ieri sera, guardavo in tv la partita di pallavolo Italia-Bosnia, finita con un secco 3 a 0 per l’Italia; e durante questa partita la Egonu ha segnato una serie di punti con delle schiacciate favolose, con una grinta e una potenza eccezionali, che chiunque sia tifoso della nostra nazionale non può non aver ringraziato il Dio della pallavolo perché lei veste la maglia azzurra che solo agli italiani è concessa. Per questo l’italianità dell’atleta è fuori discussione, anzi è un bene che sia così e tutti gli sportivi italiani ne sono più che convinti.
Veniamo all’altra idea di italianità: quella descritta e cantata nei primi anni Ottanta da Toto Cutugno, e che oggi è ritornata al centro del dibattito. C’è subito da dire che, a differenza di Vannacci, il cantautore proponeva un modello positivo, nel senso che lui ne indicava le caratteristiche: l’italiano ama gli spaghetti al dente, ha un ex partigiano come presidente della Repubblica (Pertini), beve caffè ristretto, usa la crema da barba alla menta, guarda la moviola la domenica sera dopo le partite etc. E’ un’idea decisamente popolare che ci racconta un’Italia a cavallo tra la fine della crisi degli ultimi anni Settanta e l’inizio di un nuovo ciclo economico e culturale. Un’idea sentimentale, molto naive e oggi decisamente superata. A riascoltarla – diciamo la verità – questa canzone ci fa sorridere come quando riapriamo gli album di fotografie di trenta o quarant’anni fa.
In conclusione, che si tratti della concezione un po’ omofobica e un po’ razzista del generale Vannacci (il quale ha tutto il diritto di esprimersi e di scrivere baggianate) o della descrizione nazional-popolare messa in musica da Toto Cutugno, il tentativo di definire l’italiano vero fallisce o al massimo si riduce a macchietta. Probabilmente l’italiano vero non è mai esistito e mai esisterà, ma gli italiani, frutto di una storia complessa, di contaminazioni linguistiche e di scambi con altre culture e popolazioni, molteplici e affascinanti proprio le loro diverse nature e qualità, quelli sì: siamo solo noi, come direbbe Vasco.
Silvano
.L’argomento non merita commenti data la sua irrazionalità non degna neanche di un bar. Quello che invece desta desolante stupore è l’attenzione, e il tempo, che ad esso dedica la gran massa dei media per scelta di “giornallisti” (si fa per dire) che giudicano questi argomenti degni di essere consderati. Sono ben altri i valori che dovrebbero distinguere un italiano vero. Non è Cutugno che lo indica., ma qualcos’altro che evidentemente i cronisti di oggi ignorano. In questo modo si trasmette incultura. con danno notevole per i giovani . Detestabile.
Carla Battistini
caro prof. Riviello come spesso accade nei suoi articoli riesce a sintetizzare in poche righe una lucida disamina dell’argomento trattato, in questo caso ancora più complesso perché si tratta di ‘dare una definizione ‘ ad un popolo che di trasformazioni e contaminazioni ne ha subite molte…insomma siamo il frutto della storia, la nostra!
grazie mille!