Sono contento per la sentenza di assoluzione di Luca Lotti e Tiziano Renzi che conosco da molti anni e ovviamente per gli altri imputati del processo Consip.
Di questa vicenda vorrei anche segnalare ai lettori un aspetto collaterale. Nonostante le noti difficoltà della loro relazione – Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno commentato con quasi le stesse parole l’ esito del processo.
Sulla scia delle dichiarazioni del deputato di Azione Enrico Costa
entrambi hanno posto la stessa domanda: “ci sarà qualcuno – nelle redazioni, nella magistratura, in Parlamento – che avra’ il coraggio di chiedere scusa?”
Nessuno ha ancora chiesto scusa ad un grande investigatore come il Generale Mario Mori per l’ assurdita’ delle interminabili vicende giudiziarie di cui e’ stato vittima; da cui, per inciso, ha guadagnato solo la mafia.
Dubito pertanto che spunti un giornalista, un magistrato, un ufficiale di polizia giudiziaria, un parlamentare che trovi il coraggio di chiedere scusa a Luca Lotti e agli altri imputati assolti, ma mai dire mai.
A differenza del mondo anglossasone in Italia in politica, nelle alte sfere dei corpi dello Stato, nelle direzioni dei giornali non esiste la sana abitudine di dire: scusate, mi sono sbagliato.
Ma non è solo una questione di comportamenti individuali. L’ uso politico della giustizia nasce da alcuni difetti sistemici del nostro ordinamento a cui non si è voluto o potuto porre rimedio.
Quando una persona, un partito, una azienda vuole colpire duramente un avversario (sia esso un politico, un imprenditore, un alto funzionario pubblico) un modo piuttosto facile è coinvolgere la magistratura e conseguentemente i media ad essi in vario modo collegati.
Una volta aperto il registro delle notizie di reato la rigidità dei meccanismi operativi e delle procedure e’ tale che anche per i magistrati, per gli investigatori e per giornalisti più seri è difficilissimo prevenire i rischi di disinformazione e difendere il principio costituzionale della presunzione di innocenza.
In questa cornice a mio avviso l’ aspetto più grave riguarda la sostanziale ” irresponsabilità” (nel senso tecnico del termine) delle istituzioni, a partire dal Consiglio Superiore drlla Magistratura.
Proprio nel caso Mori che ho appena citato per moltissimi anni il CSM non ha fornito alla difesa i materiali di cui disponeva in archivio. Trovo inaccettabile che i vicepresidenti del CSM che si sono succeduti in tutti questi anni non abbiano (almeno che io sappia) sentito il bisogno di fornire una spiegazione di questa incredibile inadempienza.
Cosi come avviene in tutti gli altri apparati dello Stato i migliori pubblici funzionari che operano nel settore della giustizia si trovano ad affrontare un ricorrente dilemma esistenziale: se e come e’ possibile perseguire le proprie legittime ambizioni di carriera e contemporaneamente evitare la dipendenza dalle “cordate” di potere che si formano in magistratura – così come in tutte le organizzazioni umane?
Alle dimamiche di potere si deve aggiungere un grave deficit culturale della classe politica che sembra ignorare i fondamenti elementari di ogni efficace azione investigativa.
Nessuno vieta ad un parlamentare di denunciare alla Procura un determinato fatto, ci mancherebbe altro. Ma è un assoluto controsenso che lo stesso parlamentare si vanti pubblicamente di averlo fatto per promuovere la propria immagine pubblica, come abitualmente avviene.
Rendere pubblica una denuncia equivale ad azzopparla ab origine perche’ consente agli eventuali colpevoli di cancellare le prove e vanificare l’efficacia dell’ azione investigativa.
In questa giornata particolare in cui l’ esito positivo di un processo si mescola a profondi sentimenti
di amarezza politica vorrei introdurre una riflessione più ampia.
Il ricordo del martirio di Enzo Tortora, le grandi battaglie garantiste del Partito Radicale, la tutela dello Stato di diritto senza se e senza – costituiscono le basi fondamentali di tutte le forze che si riconoscono in Renew Europe.
In un epoca di Controriforma come quella che stiamo attraversando e’ essenziale battere il giustizialismo di destra e di sinistra che caratterizza il populismo e il sovranismo in Europa.
Per raggiungere questo obiettivo è essenziale che i libdem, gli europeisti e i riformisti italiani evitino ogni pericolo di dispersione di voti nelle imminenti elezioni europee.
Per promuovere le libertà e difendere lo Stato di diritto occorre che l’ Italia invii a Strasburgo una agguerrita pattuglia di europarlamentari come espressione
della lista unitaria di scopo per gli Stati Uniti d’Europa lanciata mesi fa da Emma Bonino.
L’ obiettivo è tuttora a portata di mano. Durante la mia lunga esperienza di peacekeeping mi è capitato spesso di fare i conti con rivalità interne tra leader di aree politiche omogenee.
Il primo esempio che mi viene in mente sono le divisioni interne alla piccola comunità serba in Kosovo dove non era affatto facile far dialogare due personalità forti come padre Sava Janic dello splendido Monastero di Decani e Mark Jackic, leader della città di Mitrovica, divisa dal fiume Ibar.
Per quanto apparentemente irrazionale la rivalità tra Carlo Calenda e Matteo Renzi è un fenomeno molto più frequente di quanto si pensi, altrimenti non sarebbe stato inventato il proverbio due galli nel pollaio.
Ci sono però alcuni passaggi della storia in cui per ragioni superiori le rivalità devono essere messe da parte per cercare un nobile compromesso.
Domenica alla Leopolda Matteo Renzi ha accennato anche se in modo un po’ criptico ad un eventuale passo indietro…Spero che ora anche Carlo Calenda si muova in questa direzione..
La posta in gioco è altissima e in questo momento così delicato per l’ Europa il senso di responsabilità deve prevalere.
Solo così si può battere Orban, la AFD e per quanto l’ Italia le forze oscure che – come ha dimostrato l’ inchiesta Consip – usano il giustizialismo di destra e di sinistra per minare lo Stato di diritto e la nostra democrazia.
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