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Solo Riformisti

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A trent’anni dal 1989

1989, quando la Storia si riprese una rivincita. La prima parte di una ricostruzione degli eventi che portarono al crollo dell’Unione Sovietica. Il ruolo degli Stati Uniti e di papa Woytila. La battaglia di Craxi.

2 Settembre 2019 da Edoardo Tabasso Lascia un commento

Nel 1971 il primo microchipideato negli Stati Uniti fu il punto di partenza di quella rivoluzione informatica e comunicativa che nella progressiva diffusione di massa dei personal computerdeterminò nei decenni successivi una diversa distribuzione della conoscenza e delle informazioni e dello sviluppo economico. Un passaggio d’epoca che non sarebbe stata mai possibile nell’URSS dove il flusso delle informazioni all’epoca non era condiviso ma sottoposto a rigido controllo burocratico, addirittura sull’uso delle fotocopiatrici e dei fax, ma non delle teleselezione, che fu il primo varco attraverso cui arrivarono le notizie dei dissidenti  come il più autorevole scienziato russo, Andrei Sakharov. E come lo scrittore Aleksandr Solgenitsin, premio Nobel per la letteratura nel 1970 e autore del libro, L’arcipelago Gulagche ebbe una grande risonanza in tutto il mondo per la cronaca minuziosa delle condizioni a cui erano sottoposti gli oppositori politici e che per questo fu espulso dall’URSS nel 1974.  Già nel 1949 David Rousset, autore del libro L’univers concentrationnaire. aveva proposto che si formasse una commissione d’inchiesta sui campi di concentramento sovietici dei quali la stampa comunista negava l’esistenza. La sua richiesta fu raccolta in un articolo sul “Figaro littéraire” da Margaret Buber Neumann i. Rousset fu contestato e messo alla berlina dai suoi amici e compagni politici, a cominciare dallo scrittore Jean Paul Sartre, e fu coinvolto in un lungo processo contro “Les lettres francaises”.

E tra coloro, pochi,  che durante la Guerra Fredda  avevano a cuore il legame con i movimenti dei dissidenti in Est Europa e in URSS ci fu Bettino Craxi.  Da poco eletto segretario del PSI contribuì all’ideazione e alla realizzazione della Biennale dell’arte di Venezia del 1977 presieduta da Carlo Ripa di Meana e dedicata quell’anno proprio agli artisti dissidenti impegnati, a rischio della vita, in una battaglia culturale contro il volto disumano del socialismo sovietico. L’intuizione politica di Craxi di andare a scoprire le profonde ambiguità del marxismo leninismo – e le incongruenze dei comunisti italiani – attraverso la vetrina di una delle rassegne artistiche più famose al mondo, ebbe diversi meriti ma soprattutto quello di segnare il riconoscimento ufficiale della vasta e perseguitata rete di senza potere, sino ad allora poco collegati tra loro e ignoti al grande pubblico dell’Occidente.

Nel 1975 gli Accordi di Helsinki insistettero su un preciso collegamento fra valori politici ed economici, da un lato, e diritti umani dall’altro. L’idea di Helsinki era che la sicurezza, fra le nazioni, non può essere garantita dalle dittature. Solo leader che rispondono al proprio elettorato, leader che hanno interesse a migliorare le condizioni della propria gente possono dare un contributo alla sicurezza internazionale.

Charta 77 fu il primo documento pubblico di protesta in un paese dell’orbita sovietica, e, sulla sua scia, anche il primo movimento organizzato di dissidenza: che prende il nome dal Manifesto redatto da Václav Havel, Jan Patočka, Zdeněk Mlynář, Jiří Hájek e Pavel Kohout, e originariamente sottoscritto da 247 cittadini di diversa estrazione  reso noto nel gennaio 1977 con il quale si chiedeva al governo l’applicazione degli accordi firmati nell’Atto finale di Helsinki sul rispetto dei diritti umani.

Questi accordi rappresentarono da parte occidentale una vera propria sfida nei confronti dell’Unione Sovietica che sotto la guida di Leonid Breznev volle rispondere sul piano militare posizionando i missili nucleari a medio raggio i famigerati Ss-20 capaci di colpire tutto il territorio dell’Europa; una scelta che alterava gli equilibri nucleari. Nel 1979 gli Stati Uniti assieme ai paesi aderenti alla NATO decisero di opporre ai missili sovietici l’installazione in Germania, Belgio, Paesi Bassi e in Gran Bretagna e in Italia a Comiso, a partire dal 1983 di proprie testate: i Pershing e i Cruise. Ma solo dopo questa decisione e nonostante i missili sovietici fossero già stati dispiegati, si scatenò in tutti i paesi europei una grande mobilitazione pacifista “a senso unico” nel senso che il suo grido di protesta era indirizzato unicamente solo contro gli Stati Uniti e la NATO. Fu un riproposizione aggiornata di quei “partigiani della pace” che trent’anni prima rendevano un proprio servizio d’appoggio orientato in senso filosovietico. Una mobilitazione che durò per alcuni anni e che nel 1983  Craxi, a capo del governo italiano, non esitò a dichiarare che fosse finanziata dall’Unione Sovietica.

Nonostante quel movimento pseudo pacifista a lei simpatizzante, Mosca stava perdendo popolarità e prestigio nel mondo e la sua immagine era oramai molto deteriorata agli occhi di molti dopo che nel 1979 aveva invaso l’Afghanistan. Ma soprattutto perché nel frattempo nel novembre 1978 il cardinale polacco Karol Woytila era stato eletto Papa con il nome di Giovanni Paolo II e, avendo conosciuto bene nel suo paese d’origine il comunismo, spronava i suoi fedeli nell’Europa dell’Est “a non averne paura”.

 

(segue)

 

 

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Info Edoardo Tabasso

Edoardo Tabasso sociologo. Insegna al Master in Pubblicità istituzionale, comunicazione multimediale e creazione di eventi (Università di Firenze) e all' Italian Diplomatic Academy per la formazione e gli alti studi internazionali. Membro del Réseau pour l’étude des théories du complot e fondatore di ThinkThankYou (www.thinkthankyou.it). Tra le sue ultime pubblicazione la nuova edizione di Breve storia sociale della comunicazione e Geopolitiche della comunicazione. Tra conflitti asimmettrici, terrorismo e multiculturalismo “politicamente corretto”.

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