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Negozi aperti? Solo quando lo dico io

Proposta di legge per la chiusura domenicale dei negozi. Un freno per l’economia e la libertà dei cittadini.

10 Febbraio 2019 da Giorgio Micheli Lascia un commento

Dopo un confronto molto serrato, la maggioranza gialloverde ha trovato l’accordo sulle nuove regole per l’apertura dei negozi di domenica e nelle dodici festività nazionali, laiche e religiose. La normativa cancellerà così la liberalizzazione introdotta nel 2012 dal governo Monti. Una rapida occhiata alle nuove regole. Aperture permesse per 26 domeniche su 52 e per 4 festività su dodici. A scegliere saranno le Regioni sulla base di alcune indicazioni di fondo date dal governo. Nelle località marine le domeniche potranno essere tutte concentrate d’estate, mentre in quelle montane si potrà fare un mix fra estate ed inverno sulla base delle presenze turistiche. Nei centri storici e per i negozi di vicinato l’obbligo di chiusura non vale. Gli esercizi commerciali potranno restare aperti sempre, non tutti però. Nei comuni fino a 10mila abitanti solo quelli con una superficie di vendita fino 150 metri quadri, nei comuni sopra i 10mila abitanti solo quelli fino a 250 metri quadri. Alcune categorie di negozi poi sono esentate, cioè potranno restare sempre aperti. Fra questi giornalai, gastronomie, rosticcerie, pasticcerie, gelatai fiorai, librerie, artigianato locale e via dicendo. Le sanzioni per chi non rispetterà i divieti da 10  a 60mila euro per la prima volta, il doppio in caso di recidiva.

Ironia della sorte la proposta di legge è stata assegnata alla Commissione Attività Produttive proprio nel giorno in cui i dati relativi al IV trimestre del 2018 certificavano quella è stata subito chiamata “recessione tecnica”. Ma al di là dell’impatto negativo che la cancellazione della liberalizzazione sulle aperture domenicali potrà avere su occupazione e consumi, tutti i dati italiani ed esteri dimostrano che un impatto negativo è inevitabile, l’aspetto da sottolineare è l’ansia di regolamentazione che pervade Lega e 5Stelle. Non si capisce, o forse si capisce anche troppo bene, cosa possa importare al legislatore se un imprenditore, una volta rispettati i diritti derivanti dai contratti di lavoro dei dipendenti soprattutto per quello che riguarda orario di lavoro e stipendio, vuole tenere aperto il suo negozio anche in un giorno di festa. Alla base c’è la volontà di controllare più aspetti possibili della vita di una persona, che non è vista come un cittadino autonomo e responsabile ma come un soggetto a capacità limitata che deve essere guidato ed indirizzato. L’esatto contrario del senso di marcia di tutte le società sviluppate dell’occidente che puntano con sempre maggior decisione, e non solo per motivi economici,  sulla libertà d’impresa e su quella di scelta del cittadino consumatore.

Giorgio Micheli

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